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Nuovo ospedale Zonderwater
Nuovo ospedale Zonderwater costruito dai prigionieri
Adunata prigionieri
L'adunata nel campo di prigionia Zonderwater
Tende del primo periodo
Tende del primo periodo 41-42
Libri e diari personali dei prigionieri
Alcune preziose testimonianze dei campi di prigionia attraverso diari e libri
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Riunione atletica
Riunione atletica
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Oggetti di prigionia
Alcuni oggetti giornalieri del campo di prigionia
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Sud Africa Gennaio 1947
Sud Africa Gennaio 1947.
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Giornali dei prigionieri
Giornali dei prigionieri
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Zonderwater (Sud Africa), il più grande campo di prigionia costruito dagli alleati durante la Seconda Guerra Mondiale. Costruito a 43 km da Pretoria, il campo ospitò tra l’aprile del 1941 e il gennaio del ’47 oltre 100 mila soldati italiani catturati dagli inglesi nei fronti dell’Africa settentrionale e orientale.
La grande vicenda umana di Zonderwater prende l’avvio dalla Tendopoli del 1941 trasformata già nel 1943 in quella sorta di immenso agglomerato dalla struttura permanente in mattoni rossi e legno, destinato a entrare quasi nella leggenda: “14 Blocchi, ognuno dei quali composto, di regola, da 4 campi (I campi erano in tutto 44). Ogni campo poteva ospitare 2.000 uomini e quindi un Blocco ne accoglieva 8.000. A Zonderwater, avrebbero potuto vivere fino a 112.000 uomini.
Una grande vicenda umana, Là dentro la Città dai mattoni rossi era necessario, per non soccombere, inventare un proprio mondo, scuotersi di dosso lo scoramento e l’apatia, mantenere in esercizio la mente e i muscoli. Ed ecco nascere la volontà di organizzarsi, di promuovere iniziative, di creare dal nulla. Quale fu il miracolo che ne scaturì? Scuole di lingue, scuole medie per analfabeti o anche tecnico professionali con relativi libri di testo; biblioteche, letteratura e premi letterari, un giornale del campo, Attività teatrali (17 teatri); Attività musicale, attività artigianale, attività sportive e ricreative (16 campi di calcio con piste e tribune, 80 campi di bocce, 16 campi di scherma, 6 campi da tennis, strutture per competizioni di pugilato, di lotta greco-romana, di pallacanestro e pallavolo ecc.) infine ma non ultima l’assistenza religiosa. Indubbiamente vari fattori contribuirono al realizzarsi di tale miracolo: innanzitutto la scelta d’un Comandante sudafricano come il Col. Prinsloo, ufficiale di notevole capacità e umanità (vedi foto), in secondo luogo il sostegno concreto da parte di associazioni come l’YMCA, e l’assistenza morale e materiale della Croce Rossa Internazionale e di quelle Sudafricana ed Italiana. In terzo luogo la presenza in Sud Africa d’un retroterra di sempre attivo e confortevole ausilio come quello rappresentato dalla presenza nel Paese d’una collettività italiana numerosa e prospera (Zonderwater era a poco più di 40 km. da Pretoria e poco più lontana da Johannesburg, ma anche i connazionali di Città del Capo collaborarono attivamente in seno ai Comitati d’Assistenza ai prigionieri italiani formatisi con grande sollecitudine e generosità d’interventi) ancora l’opera svolta dalla Cassa Mutua Assistenza sorta tra gli stessi prigionieri all’interno del Campo all’insegna della più fraterna solidarietà; infine la realizzazione del grande ospedale (3000 letti) affidato quasi esclusivamente a nostri ufficiali medici e della Casa di Salute di Carolina.
Si potrà osservare che stiamo indugiando solo sugli aspetti positivi di questa mastodontica città del dolore. Ma forse è giusto così perché gli aspetti negativi (atti di inciviltà), “ghenghe” tracotanti e vendicative, episodi truffaldini, atteggiamenti insensati) sono stati propri di tutti i campi di prigionia e rientrano più nella disonestà che nella storia. Al contrario d’un altro aspetto comune anch’esso a tutti i campi ch’è stato quello delle fughe – molto spesso tentate e poche volte riuscite. 252 prigionieri riposano nel cimitero dei “Tre Archi” con la scritta posta alla base della grande croce centrale “Morti in prigionia/Vinti nella carne/Invitti nello spirito/L’Italia lontana/Vi benedice in eterno/ MCMXLIII
* Nel 2016 i resti di 25 prigionieri di guerra italiani sono stati traslati dal cimitero di Worcester al cimitero di Zonderwater.
"Nessuno ama la Patria perché é grande, ma perché é sua."
Lucio Anneo Seneca
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"Le memorie sono utili allo spirito e al presente, sia per evitare errori che per gettare uno sguardo di pace e di perdono per quelli fatti, e anche per smascherare pericolose e vane illusioni storiche a danno di larghe fette di umanità."
Sr. M. Roberta Tiberio OSB, figlia del pow Vittorio (riproduzione riservata)
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Zonderwater, Cullinan, Gauteng, South Africa (Google Maps)
Donazione per: “Album fotografico P.O.W. - ITALIAN P.O.W. IN THE UNION OF SOUTH AFRICA - P.di G. ITALIANI NELL'UNIONE SUD AFRICANA”
I dettagli nella sezione immagini storiche: http://www.zonderwater.com/it/immagini/storiche.html
Chiunque fosse interessato al libro può richiederne copia facendo una donazione di 34,00 Euro. (30,00 Euro vanno all’Associazione Zonderwater Block, 4,00 Euro per le spese di spedizione).
Donazione per: “Richiesta di informazioni e documenti sui prigionieri presso l’Associazione Zonderwater Block ex POW”
"Il recupero degli avvenimenti, il mantenimento della memoria, la scoperta di esserci perchè figli di un destino comune è il sale di questo gruppo."
Tutti noi siamo famigliari dei prigionieri o reduci del campo di concentramento di Zonderwater. Il nostro obbiettivo è quello di divulgare la conoscenza di quel periodo dimenticato dai libri di storia. Attraverso gli attuali strumenti di internet cerchiamo di far conoscere quello che è stato celato per tanto tempo. Chiunque avesse materiale o volesse partecipare a questa causa, può inviare un messaggio utilizzando i nostri contatti.
Probabilmente uno dei fronti più trascurati da Hitler e Mussolini nella Seconda Guerra Mondiale è quello del Nordafrica. Il conflitto iniziò con alcune schermaglie di frontiera nel giugno del 1940 e terminò nel maggio 1943 con la resa delle truppe dell'Asse in Tunisia. Il teatro del conflitto non fu certamente di secondaria importanza sia per il numero di soldati che vi ebbero a combattere, sia per il susseguirsi incalzante delle vicende, sia per le conseguenze che tali vicende provocarono sullo scenario europeo, infine perchè in questi aridi deserti vennero combattute le prime battaglie veramente cruente. Rommel fu richiamato in patria da Hitler mentre cercava di sfondare ad El Alamein e raggiungere Suez per arrivare ai pozzi di petrolio del Medio Oriente; chi lo sostituì temporaneamente compromise con decisioni sbagliate l'offensiva italo tedesca, e a Rommel rientrato precipitosamente in ottobre , non rimase altro che ordinare la ritirata delle truppe tedesche. Agli Italiani fu lasciato l’ingrato compito di proteggere la fuga dell’alleato. A maggio del 1943 finiva il sogno della "quarta sponda".
Già dopo la battaglia di Sidi El Barrani (dicembre 1940), nell'ambito della Operazione Compass, le truppe inglesi si trovarono a dovere gestire logisticamente in un ambiente ostile, migliaia di prigionieri che le regole della prudenza e del buon senso prima che quelle della strategia militare, imponevano di allontanare da quegli scenari troppo vicini alle zone di combattimento in una situazione ancora molto fluida e senza che fosse possibile intravvedere un vincitore.
La soluzione, quasi obbligata, fu offerta dalla cobelligeranza col Commonwealth del Sud Africa, il cui Governo di Jan Smuts aveva di misura respinto la posizione di neutralità ed anche una alleanza con Regno d'Italia e Terzo Reich. Fu così che molti italiani prigionieri in Egitto vennero imbarcati a Suez sulle stesse navi che in direzione opposta avevano portato truppe sul fronte mediterraneo, per essere sbarcati a Durban e condotti in una miriade di campi di prigionia in quello che era ed è il più esteso Stato dell'Africa australe. La minoranza bianca lì al potere in parte di origine britannica assicurava fedeltà alla Corona e la vastità del territorio, buona custodia.
Il più grande di questi campi (ed il più grande in assoluto per prigionieri italiani nell'ultimo conflitto) fu Zonderwater, che in lingua boera significa "senza acqua". Non è facile trovarlo sulle carte geografiche della Regione del Gauteng, fino al 1994 Transvaal, capitale Johannesburg. Qui, in una landa desolata e arida a forma di anfiteatro vicino alla miniera di Cullinan (dove nel 1905 venne trovato il più grande diamante grezzo del mondo, del peso di 3.106,75 carati), vennero convogliati anche dai fronti dell'Etiopia e dell'Eritrea fin dalla primavera 1941, i primi diecimila prigionieri.
In quel tempo le baracche non erano ancora state costruite, i soldati dovevano dormire all'addiaccio nelle tende e subire un trattamento molto rude da parte delle guardie; l’approvvigionamento alimentare si rivelava del tutto insufficiente. Lo testimoniano le relazioni super partes della Croce Rossa internazionale; lo confermano i diari e le lettere sfuggite alla censura dei prigionieri, il cui numero aumentava vertiginosamente.
Alla fine dell’anno seguente venne chiamato a dirigere il campo il colonnello Hendrik Frederik Prinsloo (vedi foto a destra) che, confinato bambino in campo di concentramento dagli Inglesi nella guerra che li aveva visti opposti ai Boeri, conosceva in prima persona la durezza della segregazione. Egli seppe quindi dare prova di concretezza e umanità, facendo costruire dai prigionieri stessi, una piccola città di 14 Blocchi, ognuno con 4 Campi di 2000 uomini, a loro volta con 24 baracche dal tetto in lamiera. Un agglomerato destinato ad accogliere oltre 100.000 soldati, con 30 km di strade, mense, teatri, scuole, palestre, ove gli internati potessero trovare interessi ed evitare inedia e disperazione; nonché ospedali con complessivi 3000 posti letto (vedi foto in basso a sinistra) e chiese dove i cappellani militari cercavano di imporre quel minimo di disciplina che gli altri ufficiali, inviati in India in spregio alla Convenzione di Ginevra, non potevano più garantire.
All’interno del Blocco recintato da filo spinato e sorvegliato da sentinelle armate dall’alto di torrette, i p.o.w. (prisoners of war) potevano circolare liberamente, ma si trattava sempre di prigionia, dopo mesi o anni di combattimenti e di privazioni, di umiliazione per la sconfitta, di sconforto, nell’incertezza sulla data del ritorno che metteva a dura prova la psiche di ognuno. Alcuni di loro letteralmente impazzivano e venivano ricoverati in uno speciale reparto dell’ospedale. Chi tentava la fuga verso il Mozambico, ove era aperto un Consolato italiano, e veniva ripreso, scontava il suo gesto con 28 giorni di permanenza nella casetta rossa, ove subiva un trattamento punitivo abbastanza duro.
Per tutti veniva fatto un censimento (talvolta anche due mesi dopo la cattura, periodo durante il quale il soldato era stato dichiarato "disperso") e redatta una scheda clinica, a prescindere dallo stato di salute. Sono tutte conservate in copia presso la Associazione Zonderwater Block ex POW, dopo che previdentemente si era provveduto a fare una copia di quelle spedite in Italia su una nave che fece naufragio.
Abbastanza spesso i prigionieri venivano trasferiti da un blocco all’altro. Questa procedura seguì precisi criteri ideologici dopo l’8 settembre 1943, quando le comprensibili tensioni di animi esacerbati si acuirono a seconda dei diversi orientamenti politici dei soldati. Alcuni scelsero di collaborare con i detentori recandosi a lavorare fuori dal campo, in varie attività, e per loro la vita diventò meno dura; altri restarono fedeli al giuramento e preferirono aspettare nella precarietà del vitto e delle condizioni generali il rimpatrio. Che per 252 di loro non avvenne: essi riposano nel cimitero che, assieme a museo, cappella e un monumento chiamato I Tre Archi (oggi simbolo del campo) costituiscono un lembo di terra italiana in Sud Africa, tutto ciò che è restato dopo che nel 1947, alla partenza dell'ultimo pow, le baracche furono abbattute e il campo fu smantellato.
Qui, ogni prima domenica di novembre, si riunisce la comunità italiana alla presenza di autorità diplomatiche dei due Paesi per commemorare i circa 109.000 soldati che lì, a diecimila chilometri dall'Italia, sacrificando parte della loro giovinezza, attesero l'agognato ritorno.
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