Testimonianza della figlia di un prigioniero di guerra
ZONDERWATER: Il dovere della memoria, la forza della fede
Il ricordo della cattività di mio padre mi educa alla resistenza pacifica al male, nutre e motiva la mia preghiera, mi incoraggia a tenere saldo il dono della Fede nell'oggi carico di malesseri umani e sofferenze di ogni genere di individui e popoli diversi.
Quando leggo nella Scrittura le parole : “Ricordatevi dei vostri capi, i quali vi hanno annunziato la parola di Dio; considerando attentamente l'esito del loro tenore di vita, imitatene la fede. Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre!” (Eb 13,7) spesso mi viene in mente mio Padre Vittorio, sopravvissuto a due campi di concentramento, la cui esperienza ha costituito la condizione più difficile nella quale si è trovato a custodire il dono della Fede cristiana, e non solo mio padre ma molti prigionieri italiani. Ripenso allora al tenore di vita condotto da lui in quella lontana e sconosciuta realtà e a ciò che mi ha affidato nel racconto di sé, della sua esperienza bellica, della sua cattività, della sua fede e della sua capacità di resistenza nelle difficoltà; divento sempre più consapevole che l’esperienza della prigionia a Zonderwater è stata quella che più ha influito sulla personalità di mio padre riflessa sulla mia, esperienza che ha condizionato tutta la sua vita, fino al giorno della morte. Si tratta di una esperienza per alcuni aspetti in senso negativo quanto a umiliazioni e ricordi di episodi di malvagità umana come bene descrive Bruno Bonzi nel suo “Diario”, e al dolore di essere non soltanto stati catturati, tenuti prigionieri in un luogo così lontano, separato da tutte le possibili comunicazioni con il fronte, ma anche quasi totalmente dimenticati e ignorati, durante e dopo tale esperienza, dalla Patria e dalla storia dell’Italia, tranne alcuni segni di attenzioni da parte dei familiari, della Chiesa e della Croce Rossa.
L’esigenza di mio padre di raccontarsi e di affidare ai figli, a me in modo speciale, l’evento Zonderwater esprime una volontà di riscatto e mi spinge ad approfondire la responsabilità della memoria e a tenere saldo il dono della Fede per una testimonianza sempre più matura, convinta, e per allontanare nel modo migliore possibile la brutta ombra delle Guerre e di ogni genere di conflitti che turbano le relazioni umane. L’esperienza della cattività di mio padre mi insegna molte cose, ma quella più importante è quella temere e respingere la “guerra”, inutile e barbaro metodo di difesa o di attacco dei popoli, tesi invece a trovare sempre nuovi equilibri politici e di convivenza civile. Ma respingere la guerra e lottare per conservare relazioni pacifiche vuole dire in un certo senso anche “fare memoria” accompagnato da un appassionato impegno per l’acquisizione di uno stile di vita secondo la proposta che fa la Chiesa. L’amore per la Pace come la Chiesa lo intende mi sembra sia la promozione di quella realtà di cui parla il Concilio Vaticano II nella Gaudium et Spes n. 78: che non è “la semplice assenza della guerra, né può ridursi unicamente a rendere stabile l’equilibrio delle forze avverse; essa non è effetto di una dispotica dominazione, ma viene con tutta esattezza definita “opera della giustizia”. L’opera della giustizia è l’opera della santità che consegna a Dio ciò che è di Dio e a Cesare ciò che è di Cesare. E fra le opere della giustizia io includo anche quello della “responsabilità della memoria”. Ricordare, fare memoria, è l’anima della vita cristiana e della Fede
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(l’Eucaristia ne è l’esempio più completo) ed è giusto e doveroso farlo anche per evitare di ripetere gli stessi errori, e per resistere a tutte le forze avverse che vorrebbero distruggere la ricerca della Pace, ma anche per ringraziare per quei semi di bontà che il vento della buona volontà ha fatto crescere anche a insaputa di chi ha seminato.
Il nome Zonderwater a molti non dice nulla, la maggioranza degli Italiani non ha mai avuto modo di sentirne parlare anche perché non appare nei libri di storia come altri importanti luoghi di memoria, quindi è destinato ad essere ignorato, non so se sempre in modo inconsapevole o qualche volta anche voluto. E’ quindi un’opera di “ giustizia della memoria” ricordare l’evento che ha formato e segnato la vita di oltre 100000 Italiani rinchiusi nel campo di concentramento a Zonderwater durante la seconda Guerra Mondiale. La custodia della memoria è un’opera di giustizia perché gli uomini là tenuti prigionieri hanno servito la Patria secondo le esigenze del tempo, con tutti i loro limiti, non meno di coloro che non si sono mai spostati dall’Italia o di coloro che sono stati deportati in altri luoghi di detenzione e di coloro che hanno fatto la resistenza in casa. Indipendentemente dalle loro posizioni politiche e dal loro credo religioso, gli uomini prigionieri a Zonderwater meritano la stessa affettuosa e doverosa attenzione di tutti coloro che hanno vissuto la terribile esperienza delle Guerre, perchè lo spirito che li ha animati è stato solo e sempre quello di servire la Patria, naturalmente secondo il concetto di Patria di quel tempo e la capacità storica di ogni italiano di quel tempo di comprendere tale concetto.. Quindi stima e rispetto massimo nel ricordo delle loro esperienze, impegno nel custodire la Memoria, per esprimere la ricerca e la promozione della Pace.
Il ricordo e la memoria di ZONDERWATER serve in modo particolare anche per conoscere aspetti di una speciale “resistenza” che non è quella del combattimento con le armi e neppure quello della vendetta umana verso il nemico, ma una “resistenza pacifica” realizzata con l’aiuto di realtà non violente, come il lavoro, l’arte, la cultura, la comunicazione, l’assistenza sanitaria e religiosa, la creatività umana, la fede cristiana, “armi “ che hanno consentito di mantenere un certo equilibrio in un ambiente umano dove la convivenza nello stato di cattività inevitabilmente portava ad abbrutirsi, a scendere al di sotto della dignità umana con atti ed espressioni di sopraffazione e umiliazioni di violenza di vario genere.
· Il ricordo della cattività di mio padre mi educa alla resistenza pacifica ad ogni forma di male, e a tenere saldo il dono della Fede che molto giovò ai molti prigionieri di Zonderwater
Per un dovere di memoria a favore di chi non conosce ancora tale realtà, dico che Zonderwater (Sud Africa)[1], è stato il più grande campo di prigionia costruito dagli alleati durante la Seconda Guerra Mondiale. Costruito a 43 km da Pretoria, il campo ospitò tra l’aprile del 1941 e il gennaio del ’47 oltre 100 mila soldati italiani catturati dagli inglesi nei fronti dell’Africa settentrionale e orientale. La grande vicenda umana di Zonderwater prende l’avvio dalla Tendopoli del 1941 trasformata già nel 1943 in quella sorta di immenso agglomerato dalla struttura permanente in mattoni rossi e legno, destinato a entrare quasi nella leggenda: “14 Blocchi, ognuno dei quali composto, di regola, da 4 campi (in tutto 44). Ogni campo poteva ospitare 2.000 uomini e quindi un Blocco ne accoglieva 8.000. A Zonderwater, sarebbero potuti vivere fino a 112.000 uomini.
La Memoria dei lager compreso l’evento Zonderwater è doverosa ed è un compito e una responsabilità nei confronti della storia e delle generazioni che si avvicendano. L’oblio è una posizione e una scelta a mio parere alquanto pericolosa! La rimozione non costruisce nulla, complica e appesantisce la vita, perché isola e crea individualismo selvaggio. La Memoria invece alleggerisce e libera, rende più
[1] Vedi: http://it.wikipedia.org/wiki/Campo_di_internamento_di_Zonderwater
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sopportabile il ricordo con le relative ferite, perché crea condivisione e fraternità, perché è l’anima della vita in ogni sua dimensione, perché riscatta il ricordo e la vita stessa, la purifica, la salva, le dà la possibilità di immunizzarsi, di prendere le distanze ed impedire che eventuali errori commessi nel passato si possano ripetere nel presente o nel futuro; fare memoria consente anche di custodire quanto di positivo può essere colto nelle pieghe degli eventi come tanti segni profetici ed educativi che nutrono la vigilanza e l’attenzione verso la storia sempre in travaglio.
E' importante allora per me ricordare, parlare e far conoscere quanto è possibile oggi conoscere di Zonderwater, perchè nei libri di storia non compare come evento di studio, come "memoria" da tenere viva. Penso che la memoria sia necessaria anche per non continuare a cadere nei luoghi comuni diffusi dalla mentalità corrente che i prigionieri degli alleati, o meglio dei boeri in Africa, quasi avessero fatto una specie di vacanza invece che la terribile e umiliante esperienza della cattività bellica. Ritengo profondamente necessario insistere, nei momenti opportuni e meno opportuni, nel ricordare l'evento "Zonderwater" come tutte le altre realtà di questo tipo, di cui oggi alcuni cercano di custodire la memoria mentre molti altri cercano di ignorarla se non addirittura di negarla, e sempre perché la storia possa evolversi in meglio in positivo e mai tornare indietro nelle scelte negative e demolitrici.
Esiste una Associazione già impegnata nel compito della custodia di Zonderwater, che ho scoperto per caso e a cui sono molto grata perchè grazie ad essa e al sito corrispondente, ho potuto ritrovare quasi al vivo l'esperienza complessa, umiliante e nello stesso sorprendente di mio Padre Vittorio di cui il 29 giugno ricorre l’anniversario della morte. L'Associazione Zonderwater Block ex Pow fornisce alcune importanti notizie con la disponibilità di un sito web[2]. Il Presidente attuale dell'Associazione Zonderwater Block ex Pow, l’ing. Emilio Coccia residente in Sud Africa, è impegnato con grande dedizione e incredibile disponibilità a custodire tutto il possibile, dati gli scarsi aiuti anche dello Stato Italiano per la memoria del sito africano con il relativo museo di guerra e il cimitero. Nel sito web: www.zonderwater.com è possibile conoscere alcuni documenti, i libri scritti o fatti stampare dai figli dei prigionieri con diverse interessanti testimonianze. Diari, Ricordi, Foto, Video. Esiste anche una pagina di Facebook dedicata a Zonderwater: “Zonderwater | Facebook” dove i figli dei pow possono scambiarsi notizie, scoperte, eventi, ecc. e dove si può conoscere un po’ di più da vicino l’evento di cui sto parlando.
A livello di studi su Zonderwater, oltre a diversi documenti esistenti e varie testimonianze di racconti, ricordi, diari, penso che il libro di Lorenzo Carlesso sia degno di nota per la esauriente e dettagliata descrizione della composizione del
campo, della sua storia e delle attività che vi si svolgevano : Centomila prigionieri italiani in Sud Africa - il Campo di Zonderwater - Lorenzo Carlesso, consultabile anche sul sito. Il libro contiene importanti e fondamentali riferimenti a diverse fonti fra le quali quelle importantissime dello storico del campo Mario Gazzini - Zonderwater, I prigionieri in Sud Africa (1941-1947) di Bonacci Editore Roma, e il diario del prigioniero Bruno Bonzi fatto stampare dal figlio Enzo : Diario di Guerra e di Prigionia 1939-1947 - Enzo Bonzi.
Diversi figli di prigionieri cercano attualmente in tutti i modi di mantenere viva la memoria di Zonderwater come si può vedere dai documenti già presenti nel sito. Tra i figli dei pow che ho avuto modo di contattare elettronicamente o per via epistolare, data la mia particolare condizione di religiosa claustrale per cui non mi è dato di spaziare troppo nelle comunicazioni, vorrei ricordare Elisa Longarato, la signora Vera Segurini e Monica De Ambrosis, che ha scritto una memoria del padre: “. La Guerra di Pietro - Monica De Ambrosis” , e tanti altri che continuano a raccogliere documenti, testimonianze, foto,
[2] Vedi: www.zonderwater.com
oggetti ecc. per i quali nutro stima assicurando le mie personali preghiere. Ma tutto questo non basta per la Memoria di Zonderwater: occorre sensibilizzare di più, diffondere, raccontare, parlarne, illustrare particolari e spaccati di vita, far conoscere anche la “ferita” dei figli dei prigionieri di guerra per tale esperienza, i quali portano il peso dell’indifferenza e della solitudine nella custodia della memoria di un evento che tende a scomparire dal ricordo della storia.
Con la preghiera da parte mia sono impegnata vivamente a tenere accesa questa opera della giustizia della memoria, a sostenere le attività e la volontà di coloro che si espongono e lavorano, che con grande dedizione e pazienza aspettando i momenti più opportuni e le occasioni propizie per favorire questo risveglio e questa attività di custodia della Memoria, come Enzo Bonzi ed Emilio Coccia.
Ma perché è importante la Memoria di Zonderwater?
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- Non solo per l’evento umiliante della cattività bellica e per la questione di “giustizia della memoria” sia verso coloro che riposano nel cimitero sudafricano che verso i reduci tornati in Patria, ma anche perché l’evento Zonderwater a mio parere è unico nel suo genere.
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Sembra infatti dalla lettura dei vari documenti disponibili che sia l’unico campo di concentramento al mondo in cui è stato possibile attivare una “resistenza positiva umanamente forte, onorevole, esemplare, al degrado e al male” con le varie attività permesse dai detentori e dal famoso comandante del campo: Hendrik Frederik Prinsloo, il quale ha cercato di rispettare le convenzioni della Croce Rossa circa i prigionieri di guerra, trasformando il lager in una “città” anche se “città del prigioniero”. La città è un luogo di vita, di relazione, di comunicazione, di creatività e quindi non di morte, mentre i lager spesso sono conosciuti invece come luoghi di sterminio e di terrore, di annientamento e di lavori forzati. A Zonderwater invece, pur essendo la città del prigioniero e del dolore, è possibile rintracciare segni di vita, di fede e di “resistenza” molto interessanti e validi anche per il nostro “ oggi “ carico di ogni sorta di mali e di correnti che vorrebbero fagocitare, negare e scoraggiare le intenzioni di persone di buona volontà, certamente disposte al bene, in tutte le dimensioni della realtà.
I segni di tale resistenza a Zonderwater sono da cercare in tutta la organizzazione e le attività del campo, come il lavoro artigianale edilizio ed agricolo, l’arte, la cultura, la musica, la lettura con la realizzazione di biblioteche, lo sport, il teatro, le costruzioni di ospedali, di strade, di oggetti, ecc.. e la scuola, per i numerosi prigionieri italiani spesso analfabeti impossibilitati a scrivere anche solo a
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mettere una firma o a leggere una lettera dei propri cari, ma purtroppo addestrati ad usare armi da guerra.
- Inoltre intorno a Zonderwater è nascosta anche una storia di presenza di bene al “femminile” una presenza di “donne” che hanno offerto il loro prezioso aiuto non solo in beneficenze, ma anche come insegnanti, dietologhe, infermiere, religiose; per esempio la signora Clara Urquhart che dirigeva l’opera della Croce Rossa Sudafricana la cui sede centrale era a Joannesburg in via Eloff: risulta che “difese i prigionieri con autorevolezza e senso di equilibrio, e non smise mai di andare loro incontro in tutte le maniere. War relief”(Conforto di guerra) era l’appello radiofonico che la signora Urquhart diramo’ il 22 giugno 1942 attraverso la stazione radiofonica di Johannesburg. L’inconfondibile voce toccò gli animi nel fondo: parlava del lavoro di assistenza, degli obblighi di carità, dell’opera per i combattenti e i prigionieri, dei quali richiamava i patemi, le angosce, i timori” [3] Alle dimissioni della signora Urquhart subentrò la signora Gertrude Masur che sembra abbia continuato l’opera senza soluzione di continuità. Un’altra donna degna di nota era il Maggiore capo dietologa Grace Madeleine Sedgwick che si occupava della alimentazione dei prigionieri e che alla fine della guerra diventò la seconda moglie del Colonnello Prinsloo, mentre la piemontese Lea Spanò residente a Pretoria portava le medicine ai pow malati. Come religiosa non posso omettere anche la segnalazione della presenza preziosa dell’opera dei Cappellani Militari che permisero ai prigionieri di mantenere salda la Speranza, la Fede cristiana, e per molti l’equilibrio umano nella sensibilità caritativa, in un luogo umiliante e di dolore come è un campo di concentramento. Grazie ai Cappellani militari i prigionieri spesso hanno potuto mantenere viva la loro fede cristiana e il contatto con l’Italia, ricevere comunicazioni e aiuti concreti anche dal Vaticano, che forse più della Patria non ha mai lasciato soli i prigionieri nel tentativo di infondere coraggio e sostegno. Si legge nel libro di Carlesso: “L’impegno della Santa Sede fu di doppia natura: finanziario, con l’invio di denaro da utilizzare sul posto, e di ricerca dei prigionieri, grazie soprattutto al lavoro organizzato in Vaticano dall’allora Sostituto in Segreteria di Stato, Giovanni Battista Montini, poi Papa con il nome di Paolo VI” [4]
Si legge ancora nel libro di L. Carlesso: “ Nei primi mesi ’44 ogni Blocco ebbe una Cappella in muratura. Il progetto era stato avanzato al Comando del campo dal Cappellano Capo Don Rosario Napolitano, che aveva chiesto ai sudafricani di autorizzare la costruzione degli edifici necessari. Nuove baracche furono adibite a Cappelle. Le decorazioni interne realizzate dai prigionieri. All’interno di esse si trovavano altari ed oggetti sacri di pregevole fattura, nonché pareti in finto marmo e sculture artigianali. L’arte sacra ideata dai prigionieri trovò il modo di esprimersi anche al di fuori del campo…. I prigionieri Ottaviano Aiello, Pow N. 303433 e Francesco Nicotera, POW N. 304754, furono impegnati nella costruzione della chiesa del campo esterno di Pietermaritzburg, dotata di un campanile alto 10 metri. Successivamente dichiarata monumento nazionale, la chiesa ospita nella propria facciata la seguente dedica: Mater Divinae Gratiae, Captivi Italici, A.D. MCMXLIV[5]
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- La Fede che ho ricevuto nel Battesimo si rivelò importante nel tenore di vita di mio padre, e gli permise di resistere allo scoraggiamento, di sopravvivere nelle difficoltà della vita di prigioniero; la possibilità di accedere ai sacramenti con la presenza dell’assistenza religiosa ha reso possibile il superamento di non pochi disagi, anche a molti altri prigionieri italiani,
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[3] Lorenzo Carlesso, Centomila prigionieri in Sud Africa, Longo Editore Ravenna, pag. 158
[4] Lorenzo Carlesso, Centomila prigionieri in Sud Africa, Longo Editore Ravenna, pag. 160
[5] idem libro già citato di Carlesso, pag. 99
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· gli studenti dell’università cattolica di Milano ai quali il Rettore fr. Agostino Gemelli inviava comunicazioni di conforto e di incoraggiamento, di fraternità e solidarietà.[6]
Per non appesantire la lettura di questa testimonianza concludo dicendo che non è possibile illustrare nel dettaglio tutte le giuste motivazioni per parlare di Zonderwater, però mi auguro di avere almeno stimolato un po’ di curiosità per i documenti citati, per il relativo sito web, e per l’evento storico di Zonderwater. Sono convinta che le motivazioni elencate sono interessanti, valide e assolutamente inedite e positive; esse mi spingono a condividere questa testimonianza, ad approfondire e a mantenere alto il desiderio della Memoria per la cattività dei prigionieri italiani a Zonderwater e a pregare per coloro che sono coinvolti in questo evento, come i discendenti dei prigionieri di prima o seconda o terza generazione, i cristiani e gli italiani che coltivano questo tipo di attenzione e di sensibilità storica, umana, sociale e religiosa.
La mia preghiera motivata e il senso della responsabilità nella Fede verso il grido dell’umanità sofferente che ancora oggi mi giunge, il grido dell’umanità dolente sotto il potere di “cattività” di vario genere che porto nel cuore della mia preghiera, il desiderio di resistere pacificamente promuovendo la Pace fra i popoli e gli individui con il mio specifico stile di vita nel monastero, si nutre anche dal ricordo dell’esperienza della prigionia di mio Padre a Zonderwater.
Sr Maria Roberta Tiberio OSB, Giugno 2013
In memoria di Vittorio Tiberio
POW 186762 a Zonderwater; POW 61160 nel Regno Unito.
n. Tollo (CH) 23/3/1920 + 29/6/1981
Partito da Chieti per l’Africa il 4/2/1940; Rimpatriato il 10/5/1946
Catturato prigioniero a Giarabub Africa Settentrionale il 21/3/1941
[6] Vedi lettera e messaggi di G.Battista Montini e Padre Gemelli ai prigionieri di Zonderwater, nel libro citato di Carlesso, pagine 160-161
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Piantine di Zonderwater
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Le foto dei murales del Club Ricreativo di Cullinan recuperate da Elisa Longarato, (figlia di un POW). Queste opere offrono un esempio della creatività e della vitalità dei prigionieri italiani attivati in vario modo e con vari mezzi pacifici per resistere alla condizione dolorosa e difficile della prigionia.
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Opere di Bruno Bonzi POW a Zonderwater
Il Drago, simbolo del Male
Vasi in legno con fronde, simbolo di Pace e di Vittoria
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U.I.O.G.D.
(perché in tutto sia glorificato Dio!)
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