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Associazione Zonderwater Block ex Pow

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15.09.2024 - ZONDERWATER BLOCK ex POW - Cerimonia al Sacrario dei Caduti nel cimitero Monumentale Vantiniano di Brescia.  Video N° 1 

15.09.2024 - ZONDERWATER BLOCK ex POW - Cerimonia al Sacrario dei Caduti nel cimitero Monumentale Vantiniano di Brescia. Video N° 2                  

       Eventi (zonderwater.com)        

Collage 2024-07-21 01 08 08

clicca sull'immagine 

 

Contributo di riflessione spirituale a partire dalla "memoria della Shoah".......... altre realtà di prigionia bellica nel passato e nel presente

sr. M. Roberta T. - OSB - Fabriano 

 

Per quanto circoscritto a un determinato passato,
l'Olocausto continua a interpellarci senza fine.

Contributo di riflessione spirituale a partire dalla "memoria della Shoah"
per allargare lo sguardo sulla responsabilità di "ricordare" non solo le vittime
dell'Olocausto ma anche i Giusti e altre realtà di prigionia bellica
nel passato e nel presente

foto 1

 

" Oggi c'è soprattutto bisogno
del Battesimo di spirito e di fuoco.
Nella immane lotta tra Cristo e Lucifero,
coloro che sono chiamati a formare
gli uomini costituiscono l'avanguardia.
Armarci per questo combattimento
e perseverare sempre armati
è il nostro dovere
più urgente.
" Se il sale diviene insipido,
con che si salerà"
(Santa Teresa Benedetta della Croce)

 

" L'unica cosa che si può fare è offrirsi come un piccolo campo di battaglia. Quei problemi devono pur trovare ospitalità da qualche parte, trovare un luogo in cui possano combattere e placarsi. E noi, poveri piccoli uomini, dobbiamo aprire loro il nostro spazio interiore, senza sfuggire"

                                                                                                                                                                                                       (Etty Hillesum)

 

"È fuor di dubbio - scrive Cristiana Dobner - che Auschwitz è una sorta di monumento, nel senso che raccoglie e testimonia l'efferatezza nazista e il dolore patito da Israele e da chi con Israele condivise il destino di non essere nazista o di essersi opposto al regime dominante. Però se fosse solo così, sarebbe ancora troppo poco, le ceneri sarebbero inerti. Auschwitz è ben di più, è memoria attiva, zikkaron, fertile, è cenere calda che trasmette vita. Non nel paradosso poetico che da morte dona vita, ma nella concezione biblica che conosce per esperienza che il Creatore vigila come sentinella e non dimentica il suo popolo. La sua è una memoria sempre attuale".
E se l'interrogativo immediato è "dov'era questo Creatore quando Israele subiva lo sterminio nazista?", esso però nella sua angoscia risulta monco, perché carente di una seconda parte: "Io, dov'ero, quando Israele subiva lo sterminio nazista?". Io non c'ero è risposta fasulla, perché il mio legame con tutta la storia mi interpella e mi pone su di un terreno che richiede risposta. Io, oggi, dove sono? Da che parte sto? Abito Auschwitz e mi proietto sulla storia oppure lo lascio al suo passato e così dono fertilizzante ai pregiudizi che hanno lastricato la strada che conduce ad Auschwitz? Ecco allora la necessità della memoria viva, palpitante. Uno zikkaron che attivi richiami e generi sempre rapporti chiari, liberi, di autentico apprezzamento.

                                                                        (Osservatore Romano 27 gennaio 2014)

 

“ Ogni genocidio è un tremendum  per coloro che sono vittime…La storia è smemorata ma i suoi incidenti tuttavia raffiorano sempre. Purtroppo la storia della nostra epoca non è certo piacevole e degna di memoria. E’ sempre più gradevole costruirsi una memoria fatta di virtù e di tranquillità (sebbene nel XX secolo ciò risulti alquanto difficile) piuttosto che di misfatti violenti e crudeli…” (A.Cohen)

Arthur A.Cohen nel suo saggio di pensiero ebraico chiama la Shoah con il termine “tremendum”. Mai nominata con tale nome, essa  viene presentata come il cratere di un vulcano spento nel quale, si scorgono ancora ben visibili i segni del fuoco, le tracce del magma e i solchi svuotati da una violenza così’ distruttiva da risultare quasi incomunicabile con le normali parole del nostro linguaggio quotidiano. L’autore afferma verso la fine del saggio “Avevo promesso solo di attraversare l’abisso, non di spiegarlo. Non saprei osare tanto. Ciò di cui ho insistito sin dall’inizio è che l’abisso, una volta consumata e lacerata la terra, è oggi la testimonianza di un vulcano morto, terrificante se visto da vicino ma comunque silenzioso, mostruoso nelle sue fenditure e spaventevole nelle sue viscere, documento inoppugnabile di fuoco, di magma, ma ora dormiente come una presenza immota, che sembra sbadigliare sulla via dell’umanità. Noi possiamo scalare l’orlo del cratere per esaminare la sua incredibile mostruosità ma ciò con cui ne discendiamo non è una maggior conoscenza dell’abisso bensì solo la memoria del suo esser stato. Ciò che custodiamo per noi e per le future generazioni è un simbolo che narra, al solo menzionarne il nome, il terribile momento nel quale tale vulcano fu attivo ed eruppe. Il tremendum è questo vulcano umano. Non c’è parte della terra che esso abbia bruciato; non v’è parte del pianeta dell’uomo che non abbisogni di redenzione e la sua crescita un nuovo impulso…..L’Olocausto  è percepito come un male paradigmatico, dove per paradigma si intende la sua radicale distruttività. Nella sua immediatezza l’Olocausto ha riforgiato il nostro stesso concetto di male e, in quanto tale, è la perfetta raffigurazione del demoniaco. Da questo punto di vista, esso si è rigenerato nella vita della memoria non come un episodio discreto e limitato accaduto una volta e poi scomparso dall’orizzonte, un incidente tra i molti, ma piuttosto come un ordine dell’essere che sprofonda le sue radici nella passio umana e, sebbene rimosso, resta in agguato nello spirito, pronto a intervenire e a risorgere. Non è, come è avvenuto nelle precedenti catastrofi della storia ebraica, la concomitanza di un disastro nazionale e o della hybris aggravata di una chiesa trionfalistica, ma l’espressione  di una normale corruzione laica assurta per espansione e radicalità alla sua massima potenza.

Il tremendum è radicale, la sua risonanza simbolica è permanente….E’ radicale perché comprende e ricapitola ogni negatività e ogni contraddizione…A partire dal 1945 il vecchio mondo con le sue speranze  è crollato per sempre e ciò che è rimasto in piedi, - isolato, segnato da cupi parametri e orrendi promemoria- è solo il tremendum del xx secolo….

A partire dall’Olocausto non si può più affermare che il mondo e l’umanità crescano solo nella direzione del meglio. Certo si può ancora dire  che le tecnologie si perfezionano, che le nostre capacità si fanno più complesse e che persino le manipolazioni si fanno più raffinate, ma si tratta di ottimismo della potenza più che degli atti. Le tecniche migliorano ma coloro che le manipolano restano invariati….

Il tremendum (olocausto) sfida l’aspettativa, sfida la previsione e sfida la speranza; non è il nemico assassino di Babilonia o dell’impero romano, non è la paranoica cattiveria dei principi cristiani, non è il populismo contadino delle orde cosacche. Non era un sorpresa che il terrore potesse venire da queste forze, autorità straniere verso le quali il mondo ebraico non aveva nel lealtà né obblighi; da qui l’incredibile disponibilità con la quale le comunità ebraiche assimilavano il disastro delle depredazioni, quasi fossero meritate dai loro peccati e dalla loro testardaggine. Ma che il tremendum potesse trarre la sua forza e la sua legittimazione dallo Stato laico, da società di raffinata cultura e acclamata civilizzazione, dai figli dell’età della stessa propria emancipazione, nella quale gli ebrei avevano riposto fede e fiducia, era e resta un fatto inimmaginabile.

(Pensieri elaborati dalla lettura del libro di Arthur Cohen, Il tremendum, Un’intepretazione teologica dell’Olocausto, Ed. Morcelliana febbraio 2013)

 

 foto 2

 

 

Monasticamente vivo il giorno della "memoria" pensando all'Olocausto e oltre, (attualmente la guerra in Siria per esempio) nella preghiera, allargando l'orizzonte delle sofferenze storiche, e  richiamando alla mente  i  testimoni luminosi le cui esistenze restano nella memoria come "scintille nella stoppia" come luci di speranza nella tenebra della storia.

"Apparentemente le loro esistenze potrebbero essere ritenute una sconfitta, ma proprio nel loro martirio risplende il fulgore dell’Amore che vince le tenebre dell’egoismo e dell’odio. A san Massimiliano Kolbe vengono attribuite le seguenti parole che egli avrebbe pronunciato nel pieno furore della persecuzione nazista: “L’odio non è una forza creativa: lo è solo l’amore”. E dell’amore fu eroica prova la generosa offerta che egli fece di sé in cambio di un suo compagno di prigionia, offerta culminata nella morte nel bunker della fame, il 14 agosto del 1941.

Edith Stein, il 6 agosto dell’anno successivo, a tre giorni dalla sua drammatica fine, avvicinando alcune consorelle del monastero di Echt, in Olanda, ebbe a dire loro: “Sono pronta a tutto. Gesù è anche qui in mezzo a noi. Finora ho potuto pregare benissimo e ho detto con tutto il cuore: “Ave, Crux, spes unica”. Testimoni che riuscirono a fuggire dall’orribile massacro raccontarono che Teresa Benedetta della Croce, mentre vestita dell’abito carmelitano avanzava cosciente verso la morte, si distingueva per il suo comportamento pieno di pace e per il suo atteggiamento sereno e per il comportamento calmo e attento alle necessità di tutti"          

                                                                                                             (Benedetto XVI)    

 

Etty Hillesum: " Mi sono or ora inginocchiata....pregando fervorosamente e in ardente silenzio. Chiedendo aiuto e soccorso per tutti gli impauriti, gli impreparati interiormente, la povera gente che ora sta passando le sue ultime ore nella sua casa. Ah soffro moltissimo per loro, il mio cuore è così pesante e così colmo di amore, vorrei poter abbracciare tutti e consolarli come una madre consola suo figlio"

 

Santa Teresa (Benedetta della Croce) ha ascoltato e ha camminato consapevolmente davanti a Auschwitz, dentro Auschwitz, come camminava davanti e dentro a JHWH. Ella può indicarci allora il passo del dopo Auschwitz,, traducendo l’esistenza nella santificazione del Nome rivolgendosi al futuro, alla storia, al popolo vivo e reale a Israele. Edith Stein con il popolo che ebbe la croce senza avere Gesù, vive in sé Gesù sulla croce.

Ella come profetica  lampada che risplende in un luogo oscuro, con i suoi pensieri e la sua testimonianza, apre uno squarcio di luce sulla possibilità di trasfigurare la stessa morte dentro un percorso di Fede cristiana:

 

Santa Teresa Benedetta della Croce : " C'è,  però,  un morire in cui avviene altro: in cui già prima del presentarsi della morte corporea scompaiono tutte le tracce di lotta e sofferenza, dove il morente, visibile a tutti gli astanti, è un infiammato e trasfigurato da una nuova vita, dove i suoi occhi penetrano una luce inaccessibile ai nostri, che lascia il suo riflesso anche sul corpo senza anima. Chi non ha mai sentito parlare di una vita superiore o chi ha rifiutato la fede, dovrebbe essere colpito da una tale vista fino al punto di credere che qualcosa di simile debba esistere. E gli si schiuderà il senso della morte come un passaggio della vita in questo mondo e in questo corpo ad un'altra vita, da un modo di essere ad un altro modo di essere".

 

foto 3

Esiste un luogo a Gerusalemme,  chiamato  "Parco dei Giusti", dove migliaia di piante ricordano i nomi di tutti coloro che aiutarono gli ebrei durante gli anni dell'Olocausto. Anche i Giusti tra le Nazioni illuminano la tenebra di luci di speranza. Essi sono coloro che hanno mantenuto vigile la loro coscienza, nella ricerca della giustizia, nella carità, nella semplicità delle azioni quotidiane rischiando spesso la vita per salvare quella dei fratelli.  Fra questi mi piace ricordare Fratel Emanuele Stablum religioso dei Figli dell'Immacolata Concezione fondati da Padre Luigi Monti. Fratel Stablum,  medico attento a tutta la persona del paziente che curava con scienza e con amore; fu attivamente partecipe alla vita della sua Congregazione, la sua carità rifulse eroicamente nel 1943-44, quando aprì le porte dell'Istituto Dermopatico dell'Immacolata ai perseguitati dai nazisti. Salvò la vita ad un centinaio di rifugiati. Tra questi vi erano 52 ebrei, salvati dalla Shoah. Per questo atto eroico, compiuto a rischio della sua esistenza, lo Stato d'Israele gli ha donato l'onorificenza di "Giusto tra le Nazioni", alla memoria.

Ma ci sono anche Giusti di cui non conosciamo i volti, di cui ignoriamo lo sguardo ma che hanno mosso passi silenziosi nel cammino della storia tortuosa, hanno agito nel buio di un’epoca dilaniata da furori e basse ideologie, da odio e cinismo.

Hanno affrontato la morte giorno per giorno, faccia a faccia, pur di seguire la strada della giustizia, pur di non annullare l’essenza del bene.

 

foto 4 Il giorno della memoria dedicato in modo speciale al genocidio degli Ebrei durante la Seconda Mondiale  mi spinge ad allargare lo sguardo anche ad altre realtà di prigionia e di persecuzioni: non posso non ricordare il genocidio degli Armeni che ha preceduto quello degli Ebrei, e gli altri campi di concentramento come quelli Africani, e fra questi il più grande campo di concentramento costruito  dagli alleati Inglesi in Sud Africa: Zonderwater, dove anche mio Padre fu prigioniero. Un campo di concentramento  in cui furono rinchiusi circa 100.000 prigionieri italiani, chiamato anche "città del dolore" e quasi totalmente sconosciuto al mondo e alla popolazione italiana. In Sud Africa ci furono diversi altri campi di concentramento   dove furono tenuti prigionieri i soldati italiani e stranieri, ma quello di Zonderwater fu l'agglomerato  più esteso e progressivamente strutturato, dalla tendopoli  ai blocchi  che contenevano 4 campi ciascuno, in tutto 44 campi. Per non soccombere all'apatia e ai rigori della prigionia,  gli uomini rinchiusi e i detentori dovettero organizzarsi  fra non poche difficoltà e con molta creatività.

Un soldato italiano, Bruno Bonzi,  prigioniero in Africa e rimpatriato  proprio il "27 gennaio" del 1947,  due anni dopo che furono abbattuti i cancelli di  Auschwitz ,   nel suo Diario di guerra e di prigionia, ricavato dalle fascette delle confezioni di marmellata,   peregrinando in treno dall'Africa Settentrionale verso il Sud Africa, fino a Zonderwater dove rimase fino al giorno del rimpatrio scrive : "Ricordo il breve raffronto dell'intimenticabile vita di "gabbia" ad Heluan, e della magnifica visione di luoghi, ove c'era vita libera, e sinceramente provai un senso nostalgico, quando il treno s'arrestò in località desertica, ove si videro a distanza le solite case di tela, i soliti reticolati. Eravamo giunti al grande "concentramento di Geneifa"! Erano le ore 14. Le guardie impartirono l'ordine di scendere; ed immediatamente inquadrati ci recammo al cancello d'entrata, ad un km circa. Il nuovo comando assunse la nostra protezione. L'accoglienza tributataci fu alquanto lusinghiera. Subito furono regalati ceffoni, pugni, calci, spinte a volontà, e perfino bastonate. Passato il primo momento d'accoglienza, dissi sottovoce ad altri amici: "Abbiamo cominciato bene" Dove siamo venuti a finire?"

 

foto 5E ancora scrive B. Bonzi in una delle giornate a Zonderwater: " Per me, qualsiasi ideologia rappresenta la più grande porcheria umana! Gli uomini cambieranno divisa; cambieranno luogo; grideranno ai quattri venti che la loro merce è la migliore....! Ma alla fin dei conti sono sempre gli stessi che si battono, che si odiano, che si uccidono...."

E ancora nell'ultimo Natale trascorso tra i reticolati  con uno sguardo di fede cristiana e un desiderio orante di libertà , scrisse: " Natale! Festa della Redenzione!...Quando sarà dunque quel giorno che segnerà l'inizio veramente di Redenzione di coloro che soffrirono! cioè dell'umanità tormentata e traviata dalle innumerevoli vicende della guerra che lasciarono un doloroso solco profondo negli sventurati cuori che ancora non hanno rimarginato le ferite insanguinate?"

In conclusione oserei accostare  questo pensiero di J. Raztinger quasi come una risposta al profondo grido del cuore del soldato prigioniero italiano, che sicuramente era animato dalla fede e sperava in un  Dio più forte del male  :  "Non nella leggerezza di chi rimuove o, addirittura è incapace di cogliere ma di chi coglie quanto sta sotto, il rovescio stesso, perché l’ottimismo ultimo risiede nella consapevolezza che Dio ha nelle sue mani il mondo, e, quindi, persino gli orrori spaventevoli come quelli di Auschwitz, i quali devono sconvolgerci sino in fondo, devono essere ricollocati e ricompresi a partire dal fatto che Dio è comunque più forte del male”.

"Tutto ciò che accade nella nostra vita non sono che variazioni
sul tema dell'orto del Getsemani"

(Marija Veniaminovna Judina, pianista ebrea russa convertita al Cristianesimo, emarginata dal regime di Stalin)

 

foto 6E io come membro di una comunità monastica, raccogliendo il grido di dolore espresso o soffocato lungo i corridoi bui della storia,   continuo a coltivare la  "sensibilità" verso la "memoria" e a  raccontare  al mondo attraverso la Preghiera liturgica,  la Signoria di Dio  sulla storia del male, la centralità di "Cristo Luce" nella tenebra densa dei giorni oscuri e terribili  passati e presenti :

 

 

 

 

 

 

Molte volte hai offerto agli uomini la tua alleanza,

e per mezzo dei profeti

hai insegnato a sperare nella salvezza.

Padre santo,

hai tanto amato il mondo da mandare a noi,

nella pienezza dei tempi,

il tuo unico Figlio come salvatore.

Egli si è fatto uomo per opera dello Spirito Santo

ed è nato dalla Vergine Maria;

ha condiviso in tutto, eccetto il peccato,

la nostra condizione umana.

Ai poveri annunziò il vangelo di salvezza,

la libertà ai prigionieri,

agli afflitti la gioia.

Per attuare il tuo disegno di redenzione

si consegnò volontariamente alla morte,

e risorgendo distrusse la morte e rinnovò la vita.

(Preghiera Eucaristica IV)

foto 7

 

elaborazione a cura di Sr M. R. Tiberio OSB
Immagini: Museo dell'Olocausto Gerusalemme;
Zonderwater - Sud Africa
27 gennaio 2014

 

 

 

 

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    L'importo da noi suggerito per la donazione è di 100,00 Euro. 60,00 Euro/600,00 Rand sono per l'albero, come stabilito dall'Associazione. La differenza di 40,00 Euro va al Museo della stessa Associazione per l'annuale manutenzione.